Il lavoro della vita. Come preparare i bambini ai lavori dei prossimi 50 anni

Dec 03, 2021
 

Nel TED talk più visto di tutti i tempi sir Ken Robinson ha detto: "Nessuno ha la più pallida idea [...] di come sarà il mondo tra cinque anni. Eppure abbiamo il compito di preparare i nostri figli per esso". La dodicesima puntata dell'Approfondimento del giovedì serve proprio a ragionare insieme su questo tema: come possiamo preparare i bambini per un mondo del lavoro in continuo cambiamento? 

Buona lettura.

 

In questo episodio:

00:00 Introduzione
03:47 Il mondo cambia a una velocità mai vista prima
16:40 Dall'emergenza alla forma mentis
25:57 Apprendere è nella natura degli esseri umani
31:45 Come insegnare il piacere di apprendere
45:58 L'essere umano al centro

 

Il mondo cambia a una velocità mai vista prima.

La velocità con cui cambia il mondo è altissima. Se ci pensiamo, solo vent'anni fa molte delle cose che oggi sono quotidiane non esistevano o erano agli esordi: Google, Facebook, gli smartphone, ecc. Questo si traduce in rapidi cambiamenti anche nel mondo del lavoro.

Quanto rapidi? Secondo l'informatico e futurologo Ray Kurzweil la rapidità dei cambiamenti raddoppia ogni dieci anni. 

Questo non deve però tradursi in sempre più nozioni da insegnare agli studenti di oggi per prepararli a un mondo del lavoro sempre più complesso. La scuola non può rincorrere il cambiamento. 

Il cambiamento è troppo rapido e ha un impatto enorme sul mondo del lavoro. Secondo uno studio della società di consulenza McKinsey, nel 1958 le maggiori 500 aziende americane quotate in borsa (che fanno parte dell'indeice Standard & Poors 500) avevano in media 61 anni di vita. Nel 2016, anno di realizzazione dello studio, la media era scesa a 18 anni di vita. Inoltre si prevedeva che il 75% di queste grandi aziende sarebbe scomparso entro il 2027.

In questo scenario ciò che le aziende cercano non è un lavoratore con tante nozioni, ma un lavoratore che sa approfondire (intelligere, direbbe Daniela Lucangeli) ed essere creativo. Queste due capacità fanno sì che le persone riescano a collegare i puntini in modi nuovi e più efficaci. 

Sapere che A si collega a B (nozione) è meno importante della capacità di trovare nuovi possibili collegamenti tra A e B (strategia).

 

Dall'emergenza alla forma mentis. 

Il cambiamento viene di solito affrontato in uno stato di emergenza. C'è un cambiamento in atto e l'azienda (ma vale anche per la scuola o per la famiglia) si trova costretta a cambiare per affrontarlo. Ma, come abbiamo già detto, una caratteristica fondamentale del cambiamento è che non si riesce a rincorrere facilmente.

Il primo ostacolo per cambiare questa modalità e smettere di affrontare il cambiamento in uno stato di emergenza è superare il nostro blocco ad apprendere. Troppo spesso nell'educazione mettiamo il focus sulle prestazioni. Questo genera l'avversione all'apprendimento in quei bambini e ragazzi le cui performance non sono ottimali: chi non riesce mai ad ottenere buoni voti comincia a pensare a sé stesso come a una persona che non è capace di imparare cose nuove. 

Questo si chiama impotenza appresa: si impara che non c'è speranza e che nessuno può essere d'aiuto. Potete immaginarla come una voce nella vostra testa che vi dice: "Scappa da questo compito perché affrontarlo ti costerà fatica e alla fine fallirai".

In un mondo in rapido cambiamento l'impotenza appresa genera ancora più difficoltà. Perché ciò che cercano le aziende sono persone pronte a rimettersi costantemente in gioco. E questa caratteristica sarà sempre più richiesta.

Per questo imparare cose nuove deve diventare una forma mentis. Già oggi le aziende più lungimiranti dedicano una parte della settimana lavorativa dei dipendenti alla loro formazione, perché hanno capito che le conoscenze invecchiano in fretta.

Ma questo è possibile solo se abbiamo sviluppato un'abitudine a imparare. Per tutti quei bambini e ragazzi che hanno sviluppato impotenza appresa, che hanno sentimenti negativi ogni volta che si trovano a imparare qualcosa di nuovo, la vita lavorativa non può che essere in salita.  

Questo fenomeno è affrontato dalla psicologa americana Carol Dweck nel libro Mindset, che si potrebbe tradurre come 'mentalità' (anche se l'edizione italiana edita da Franco Angeli sceglie di mantenere il termine inglese per conservare la sfumatura di significato originale). Secondo Dweck esistono due tipi di mindset. La mentalità fissa (fixed mindset) di chi affronta le situazioni come definizioni di sé. Ad es. se fatico a imparare una nuova lingua significa che non sono portato per le lingue. Invece la mentalità di crescita (growth mindset) è propria di chi si sente sempre in un processo di crescita. Ad es. sto faticando a imparare una nuova lingua ma posso migliorare. Non si tratta solo di saper affrontare le situazioni, ma di avere una progettualità di sé.

Possedere una mentalità di crescita è l'elemento che più di ogni altro farà la differenza per essere protagonisti nel mondo del lavoro, nel futuro. In tutti i modi, sia come dipendenti che come liberi professionisti e imprenditori.

Ma questa è una cosa di cui possiamo farci carico come genitori, educatori o insegnanti.

 

Apprendere è nella natura degli esseri umani.

Il "lavoro della vita" così come lo abbiamo inteso fino ad oggi, ovvero il lavoro che si farà per tutta la vita, probabilmente non esisterà più. Il nuovo lavoro della vita sarà continuare a evolversi. E qui torniamo a noi stessi, a quello per cui siamo programmati da milioni di anni: adattarci in maniera efficace e vincente alle nuove situazioni.

Per allenare le nuove generazioni ad acquisire una mentalità di crescita diventa ancora più importante mantenerli in quella zona di sviluppo prossimale teorizzata dallo psicologo e pedagogista Lev Vygotskij. Ovvero mantenere i bambini e ragazzi dentro sfide ottimali assegnando loro compiti che non sono certi di poter risolvere, ma che si situano appena oltre le loro attuali conoscenze. Questo vuol dire che potranno andare incontro ad alcuni fallimenti nella ricerca della soluzione, ma arriveranno abbastanza rapidamente a sperimentare il successo. E da questo impareranno che fallire è solo un momento di passaggio, da cui si traggono informazioni utili per raggiungere il successo.

Inoltre ottenere un successo genera uno stato di benessere: il nostro corpo produce dopamina la quale induce uno stato di gioia. Questo, poi, farà venire voglia di sperimentare altri successi, quindi di cimentarsi in nuove sfide ottimali.

La natura ci ha progettato così: apprendere crea dipendenza, crea la voglia di imparare di più. Perché così ci possiamo adattare meglio all'ambiente che ci circonda.

 

Come insegnare il piacere di apprendere.

  • Dobbiamo innanzitutto lavorare sul senso di competenza, chiedendo di riflettere sulla strategia che hanno impiegato per raggiungere il risultato di un compito. Questo perché il risultato in sé è meno importante del saper padroneggiare la strategia ed eventualmente migliorarla nel tempo. Anche porre domande come: "Riesci a farlo in un altro modo?" aiuta a spostare il focus dal risultato alla strategia e a insegnare che esistono più modi per arrivare alla soluzione (e non sempre quello che siamo abituati a usare è il migliore).
  • Dal senso di competenza deriva la padronanza, ovvero l'abitudine a conoscere un argomento. Questo significa che può essere spiegato in modi diversi, o mentre si sta facendo altro. 
  • L'autovalutazione deve diventare un processo costante. È importante autovalutarsi soprattutto mentre sto svolgendo un'attività, per capire se sto andando nella direzione giusta prima di arrivare alla fine e scoprire se il risultato è giusto o sbagliato.
  • Ogni attività deve essere affrontata in modo giocoso e sperimentale. Questo è fondamentale per affrontare le nuove conoscenze con curiosità, senza il timore di ricevere un giudizio ma per la gioia di farlo.
  • Infine l'apprendimento deve essere il più possibile esperienziale. L'apprendimento integrato è fondamentale, non possiamo separare la nostra parte cognitiva da quella sensitiva. Per cui bisogna creare esperienze che coinvolgano anche il corpo, perché siamo progettati per funzionare in questo modo. 

 

L'essere umano al centro.

Tutto quello che abbiamo visto finora rimette al centro l'essere umano. In un mondo che sembra essere dominato dalla tecnologia e dal profitto, ciò che cercano le aziende sono esseri umani che hanno piacere di imparare cose nuove. 

E questa caratteristica fondamentale e decisiva per il successo lavorativo può essere formata nell'età sensibile, dagli 0 ai 14 anni. Dunque i più grandi formatori di risorse umane per il lavoro sono gli educatori e gli insegnanti che hanno saputo costruire l'amore per l'apprendimento. Questo vale molto più di qualunque corso universitario o postuniversitario si seguirà.  

 

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