Fin dai primi anni di vita gli esseri umani imparano attraverso il movimento. È muovendoci che apprendiamo il principio di causa-effetto, la sequenzialità, la spazialità e moltissime altre abilità. Ma quando iniziamo la scuola il movimento viene separato dalla fase di apprendimento: si impara seduti al banco, si studia e si ripassa seduti alla scrivania. Questo rende più difficile imparare molte cose, ad esempio la scrittura che si basa su abilità che acquisiamo muovendoci.
In questo Approfondimento scopriremo che l'attività fisica ci aiuta a plasmare le nostre capacità cognitive e vedremo alcuni spunti per integrarla nelle lezioni.
In questo episodio:
00:00 Introduzione
03:01 L'importanza del movimento
12:38 Integrare il movimento nelle lezioni
20:25 Allenare le funzioni mentali attraverso il movimento
31:03 Altre prove scientifiche
36:47 L'importanza dell'equilibrio
42:41 In conclusione, perché è importante muoverci
Un bambino che esplora il mondo lo fa attraverso il movimento. Mentre esplora, il bambino riceve dei feedback e si costruisce un modello della realtà che lo circonda, di sé, del tempo e dello spazio. Queste esperienze sono fondamentali, con il passare degli anni, per moltissime cose tra cui il linguaggio. Non sempre ci facciamo caso ma parlare, scrivere e comunicare in generale coinvolgono il nostro corpo.
Muoversi fa bene anche al benessere dei bambini. Da qui è nato, ad esempio, il concetto di pause attive: inserire alcuni minuti di pausa tra le lezioni per coinvolgere i bambini in semplici attività fisiche. Da questa esperienza si è notato un miglioramento del benessere generale a scuola e delle prestazioni cognitive. (Per chi vuole approfondire questi temi consigliamo i libri Il cervello che impara di Alberto Oliverio e Giocate all’aria aperta! di Angela Hanscom).
Nell'articolo Le radici della mente adulta (su Rivista internazionale di Scienze dell’educazione e della formazione, 3, 2021) Alberto Oliverio scrive:
Generalmente siamo inclini a separare l’uno dall’altro i vari aspetti delle funzioni mentali ritenendo che si tratti di moduli largamente autonomi. Tuttavia, la mente, che si consideri il linguaggio o altre funzioni cognitive e percettive, ha una sua unitarietà ed è influenzata da una componente, quella motoria, che è la più antica da un punto di vista evolutivo.
Anche nell'educazione abbiamo troppo spesso pensato di separare aspetti che invece dovrebbero restare uniti: l'apprendimento e le emozioni, ad esempio, oppure proprio il movimento. L'attività fisica è spesso vista come un'abilità a sé stante e collaterale rispetto agli altri insegnamenti. Ma non è così, i movimenti muscolari (scrive ancora Oliverio)
rappresentano i mattoni su cui vengono edificate un insieme di vaste capacità mentali. [...] Nel corso dell’infanzia la motricità e i giochi di movimento sono strettamente associati a una serie di ricadute cognitive che fanno capo a una notevole plasticità cerebrale.
Non si tratta solo di trovare dei momenti di ricreazione dove i bambini possano "sfogarsi" per poi tornare al proprio banco ad ascoltare una nuova lezione. Ciò che stiamo scoprendo è che le funzioni mentali sono così correlate che è meglio se avvengono insieme. Insomma, dobbiamo fare in modo che le lezioni coinvolgano anche il corpo per creare esperienze di apprendimento più profonde e in grado di generare conoscenze più durature.
Se proseguiamo nella lettura dell'articolo di Alberto Oliverio, troviamo questo passaggio (il testo prosegue nella sola lingua inglese, la traduzione è nostra):
Durante il suo processo evolutivo, il cervello ha bisogno soprattutto di fare esperienze tattili e motorie per sviluppare quelle aree senso-motorie che rappresentano il punto di partenza per la maturazione delle aree corticali responsabili delle procedure esecutive (come l'attenzione, la memoria, il processo decisionale), del linguaggio e del pensiero complesso.
Molte volte ci troviamo di fronte a bimbi con scarse capacità mnemoniche. In questi casi dobbiamo imparare a chiederci se hanno avuto adeguate esperienze motorie, visto che sono "il punto di partenza" (come abbiamo appena letto) per far maturare la memoria e moltissime altre funzioni mentali.
E non dobbiamo chiedercelo solo per trovare la causa delle difficoltà, ma anche per risolverle: se non hanno fatto abbastanza attività motorie nei primi anni possono sempre recuperare. Col passare degli anni la nostra plasticità cerebrale si riduce ma non si azzera, gli studi dimostrano che perfino in tarda età possiamo migliorare alcune funzioni cerebrali.
Per anni la scienza ha sottostimato l'interconnessione tra le varie funzioni del cervello. Oggi, invece, ha ben chiara l'importanza di considerarle e allenarle insieme.
Maria Montessori usava lettere smerigliate, su cui il bambino doveva far scorrere il dito, per insegnare la scrittura. Decenni dopo si è scoperto che questa intuizione ha un fondamento scientifico. Nel 2011 un team di ricerca guidato da Dehaene-Lambertz, Gentaz e Huron ha scoperto che aggiungendo al processo di apprendimento della lettoscrittura anche l'esperienza tattile (attraverso lettere smerigliate e altre attività) i bambini imparano a riconoscere le parole molto più velocemente.
Queste è la dimostrazione che l'educazione va incorporata, calata nel corpo e fatta passare attraverso esperienze motorie.
In uno studio pubblicato da un team di ricercatori sull'Alexandria Journal of Medicine nel 2017 emerge la correlazione tra abilità motorie e cognitive. Le conclusioni dello studio sono emblematiche:
promuovere la forma fisica dei bambini durante l'età della scuola primaria potrebbe migliorare le capacità di apprendimento sia motorio che cognitivo legate al rendimento scolastico. (Traduzione nostra)
Questo ci porta a chiederci quanto facciamo muovere i nostri bambini? Il movimento non è la ciliegina sulla torta, è uno degli ingredienti fondamentali. I bambini si muovono poco e ancora meno in maniera integrata all'apprendimento. Quello che stiamo scoprendo deve invitarci a invertire questa tendenza. È una responsabilità di tutti: insegnanti, educatori, genitori, famiglie, allenatori...
Le prove scientifiche a sostegno di questo sono ormai moltissime. I ricercatori Leisman, Moustafa e Shafir hanno analizzato diversi contributi scientifici sul tema in un articolo dal titolo Thinking, Walking, Talking: Integratory Motor and Cognitive Brain Function, concludendo che
i processi motori e cognitivi sono funzionalmente correlati e molto probabilmente condividono una storia evolutiva simile. Ciò è supportato da dati clinici e neurali che mostrano come alcune regioni del cervello integrino funzioni sia motorie che cognitive. Inoltre, sosteniamo anche che i processi cognitivi coincidono con risposte motorie complessa. Infine, esaminiamo anche i dati che supportano l'idea inversa che i processi motori possono contribuire alla funzione cognitiva, come riscontrato da molti programmi di riabilitazione e allenamento aerobico. (Traduzione nostra)
Gli esercizi aerobici, ad esempio, contribuiscono a ossigenare il cervello migliorandone le prestazioni.
Nel libro Giocate all’aria aperta! Angela Hanscom osservava che allenare le capacità di equilibrio nei bambini migliorava il loro senso de sé: i bambini erano più calmi e capaci di relazionarsi tra di loro. Cercando altri studi a supporto abbiamo scoperto che effettivamente l'apparato vestibolare, che governa l'equilibrio, svolge un ruolo chiave. Un bellissimo articolo dei ricercatori Bigna Lenggenhager e Christophe Lopez si intitola Vestibular Contributions to the Sense of Body, Self, and Others, che possiamo tradurre 'Il contributo vestibolare al senso del corpo, del sé e degli altri'. Descrive come alterando il nostro senso dell'equilibrio cambia anche il modo in cui percepiamo noi stessi e ci relazioniamo con gli altri.
I nostri bambini allenano troppo poco questo apparato. La prima cosa che possiamo fare è non fermarli quando girano su sé stessi, una cosa che tutti i bambini sperimentano ma che troppi adulti inibiscono. Assicuriamoci che non ci siano spigoli o altri pericoli, ma permettiamogli di girare. Un'altra cosa che possiamo fare è inserire delle piccole attività in grado di allenare l'equilibrio nelle nostre lezioni o routine casalinghe.
Un articolo del 2000 di Eric Jensen dal titolo Moving with the brain in mind ci permette di riassumere quello che abbiamo detto finora. Jensen scrive che "la ricerca sul cervello conferma che l'attività fisica — il movimento, lo stretching, la camminata — può effettivamente migliorare il processo di apprendimento".
Cominciamo noi adulti a muoverci di più, sia perché fa bene a noi, sia per dare l'esempio ai nostri bambini e ragazzi, e anche per trovare nuove idee per aggiungere movimento alle attività quotidiane.
Non possiamo più aspettare. Uno studio longitudinale su un campione regionale italiano ci dice che siamo di fronte a Trend secolari di involuzione delle capacità motorie in età scolare. I nostri bambini stanno peggiorando sotto moltissimi indicatori fisici e questo, come abbiamo visto, non influisce solo sul loro corpo o sulla loro salute ma anche sul loro cervello.
Per agire subito non bisogna porsi l'obiettivo di cambiare il mondo: basta iniziare a intervenire nella propria cerchia, con i propri alunni o con i propri figli. E poi, se è possibile, coinvolgere amici e parenti sensibilizzandoli sull'importanza del movimento.
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