Terzo episodio del nostro Approfondimento del giovedì, oggi parliamo di come aiutare i bambini a progettare il loro futuro. In Finlandia esiste un progetto intitolato When I grow up (in italiano, 'Quando crescerò') che guida i bambini in un percorso di cinque incontri per immaginarsi da grandi. Finora ha coinvolto circa un migliaio di bambini e i risultai dicono che ancora a sei mesi di distanza i bambini sono più motivati. Ne parliamo con Susanna Heugenhauser, coordinatrice per la didattica speciale in Finlandia.
Chiunque lavori con i bambini o abbia dei figli sa quanta differenza fa il fatto di pensare di "potercela fare". L'obiettivo del progetto When I Grow Up è proprio far sì che guadagnino maggiore fiducia in sé stessi e possano guardare al futuro con speranza. Questo è un approccio tipico del sistema scolastico finlandese: dare particolare importanza alle cosiddette soft skills, ovvero tutti quegli atteggiamenti propedeutici all'acquisizione di competenze.
Il progetto è semplice ma molto potente. Affonda le radici nelle scoperte scientifiche: "Studi recenti, - inizia a raccontare Susanna Heugenhauser riferendosi a studi come questo, - hanno mostrato che per apprendere sono fondamentali la motivazione ad apprendere e il senso di quello che stanno facendo, il perché stanno imparando. Così abbiamo iniziato questo progetto con un'idea: volevamo che i bambini sognassero il loro futuro, per aumentare la motivazione e il significato di quello che stavano facendo a scuola".
Così è stato progettato un percorso di cinque incontri da un'ora e mezza ciascuno: "Anche se non richiede molto tempo, gli effetti sono importanti", prosegue Susanna Heugenhauser. Per ogni classe si selezionano i bambini che hanno bisogno di particolare aiuto nel costruire la loro autostima e vengono inseriti nel programma.
When I Grow Up inizia con il racconto di una storia ai bambini, la storia di un bambino che soffre di epilessia ma riesce a superare le sue difficoltà. È una storia motivazionale in grado di ispirare. Dopo nasce un dibattito: i bambini iniziano a notare come ciascuno di noi è diverso dagli altri e trovano esempi di unicità in ognuno. Ad esempio il fatto che non esistono due persone con le stesse impronte digitali: "I bambini di solito lo trovano molto divertente", commenta Susanna Heugenhauser.
La prima piccola magia avviene dopo la storia e il dibattito sulla diversità: ai bambini viene dato un po' di tempo per sognare il loro futuro. Il compito assegnato è proprio questo: trovate uno spazio tranquillo e immaginate il vostro futuro. "Questa attività è davvero molto potente, - dice Susanna Heugenhauser. - Dopo averla iniziata i bambini si appassionano subito al fatto di sognare. Se dopo qualche minuto provi a dire: 'Bambini, basta, adesso giochiamo ai supereroi', loro non vogliono, chiedono di avere ancora tempo per sognare il loro futuro".
Il secondo passo è dare a tutti i bambini una t-shirt. Gli insegnanti aiutano i bambini a disegnare o a scrivere su questa maglietta che dovrà diventare la maglietta del loro sé futuro. In questa fase hanno la possibilità di confrontarsi direttamente con l'insegnante per realizzare ogni t-shirt.
Ciascun bambino ha sogni diversi, qualcuno più ambizioso, qualcuno più conservativo. In questa fase si mostra ai bambini che ogni sogno va bene, che il bello sta proprio nella diversità di sogni che emergono. Si riflette anche su quanto sarebbe noioso un mondo dove tutti hanno gli stessi sogni. Il significato di questa fase dovrebbe essere, con le parole di Susanna Heugenhauser: "It's ok to be me", ovvero: "Va bene essere me stesso".
Dopo si passa a concentrarsi su cosa bisogna imparare per realizzare il futuro che hanno immaginato: per diventare un poliziotto, o un veterinario, o qualunque altro lavoro hanno sognato.
Ma cosa succede se il futuro che immaginano ci mette in difficoltà perché presenta dei problemi? Cosa fare se il loro sogno è scorretto dal punto di vista etico o morale, o magari rappresenta una sorta di sfida agli adulti? Cosa fare se un bambino, ad esempio, è appassionato di videogiochi violenti e dice di voler fare il gangster? "Ho svolto questo programma con centinaia di studenti e non mi è mai successo questo problema, - risponde Susanna Heugenhauser. - E questo è piuttosto interessante. Il mio pensiero è che il centro di questa attività non è il sogno in sé, ma il fatto di sognare. Perché questo li spinge a immaginare un obiettivo lontano nel tempo e riflettere su quali passi fare oggi per raggiungerlo. Quindi, se mi capitasse questa situazione, inviterei il bambino a realizzare lo stesso la maglietta e non gli darei troppa importanza. I sogni cambiano nel tempo".
Così si concludono i primi cinque incontri, tra il racconto della storia, il confronto successivo, l'attività di immaginare il futuro, la realizzazione della maglietta e la riflessione su cosa serve imparare per realizzare il sogno. Un sesto incontro è dedicato a una festa tutti insieme: "Invitiamo i genitori o altri adulti che i bambini vogliono invitare - racconta Susanna Heugenhauser. - In questa festa mostriamo dei video a sorpresa. Durante i cinque incontri noi cerchiamo degli adulti che fanno il lavoro che hanno sognato e gli chiediamo di girare un piccolo videomessaggio personalizzato per ogni bambino. Nel video gli adulti raccontano cosa serve imparare per fare quel lavoro e incoraggiano il bambino. Questa è una sorpresa sia per i bambini che per gli adulti, per questo è davvero potente per tutta la famiglia. A volte i genitori ci dicono di aver sempre visto loro figlio come un bambino con un problema, magari un disturbo del comportamento o dell'apprendimento, ma dopo l'attività lo vedono come un bambino con un futuro".
Una caratteristica particolare dei videomessaggi è che gli adulti sono invitati a usare lo stesso linguaggio dei bambini. Ad esempio se il sogno di un bambino è "aggiustare i cani", l'adulto che gira il video non si riferirà alla sua professione solo come "veterinario" ma riprenderà anche le parole "aggiustare i cani" usate dal bambino, per creare una maggiore connessione con lui.
Tutto questo è meraviglioso. Ma quanto è duraturo il cambiamento? La motivazione rimane e viene portata nello studio e nel percorso scolastico? La prima risposta di Susanna Heugenhauser dice tutto: "Wow!". Prosegue spiegando che organizzano un incontro di follow up a sei mesi dalla fine del percorso e chiedono ai genitori se i cambiamenti sono persistenti: la risposta generale è sì nel 70% circa dei casi. Molti bambini riguardano il loro videomessaggio quando hanno bisogno di un'iniezione di fiducia e a volte aprono anche un momento di confronto in famiglia.
Una cosa che notano molti insegnanti e genitori è che i bambini cambiano il loro modo di esprimersi. Ad esempio, non dicono più solamente: "Fatico a leggere", dicono: "Fatico a leggere, ma imparerò". Questo dà l'idea di come i bambini ora accedano a una prospettiva temporale più ampia e si vedono come individui in grado di migliorare.
Un altro esempio di frase riportato da Susanna Heugenhauser è: "Non mi piace riordinare, ma lo faccio perché sto crescendo". Questo fa capire come i bambini abbiano interiorizzato il fatto che crescere è un processo e si sentano dentro questo processo.
Ovviamente ci sono anche bambini che fanno fatica ad aprirsi o che hanno un atteggiamento oppositivo. In questi casi non va messa pressione, se al primo incontro il bambino non partecipa va bene lo stesso: ascolterà i sogni dei compagni e vedendo gli altri che si aprono, raccontano e vengono accettati dal gruppo sarà indotto ad aprirsi a sua volta, magari nell'incontro successivo. La differenza la fa essere inseriti in un ambiente di compagni propositivi: nel corso degli incontri, se non subiscono pressioni, a un certo punto scatta naturalmente in ogni partecipante la voglia di fare parte di questo processo.
Questo percorso è adatto a bambini a partire dai cinque anni in poi, basta cambiare la storia iniziale per creare la giusta connessione. In Finlandia stanno adattando questo percorso anche per persone anziane che cominciano a sentirsi meno utili alla società: anche in questo caso è un percorso che può dare una visione di futuro.
Progettare il futuro, tra l'altro, è un'attività che fa bene a tutti. Anche agli adulti. Immaginare il futuro e capire come realizzarlo può essere utile per progettare noi stessi come insegnanti, educatori, genitori e persino nei rapporti di coppia.
"Ciò che ho imparato, personalmente, da questa esperienza - conclude Susanna Heugenhauser, - è guardare i bambini in un modo aperto. Se noi li vediamo come un problema lui diventerà sempre più un problema, perché le nostre aspettative modificano il comportamento del bambino che ci guarda. Dobbiamo innanzitutto essere aperti a vedere i bambini in un modo nuovo, rompendo tutti gli stereotipi per capire cosa c'è dentro di loro. E poi invitare poi i genitori a vederlo insieme a noi in quel modo nuovo".
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